LE IGA: ITALIAN GRAPE ALES, UNO STILE TUTTO ITALIANO

IGA sta per Italian Grape Ale. Il BJCP che è l’organizzazione nata negli USA che classifica e descrive gli stili birrai dice:

Italian Styles

X3. Italian Grape Ale

Suggested style placement: Category 29 (Fruit Beer)

Overall Impression: A sometimes refreshing, sometimes more complex Italian ale characterized by different varieties of grapes.

Aroma: Aromatic characteristics of a particular grape have to be noticeable but do should not overpower the other aromas. The grape/wine character should be pleasant and should not have defects such as oxidation. Malt character is usually restrained while hop aroma can range from medium-low to absent. Some examples can have a low to moderately low wild character described as barnyard, earthy, goaty but should not be as intense as in a lambic/fruit lambic. No diacetyl.

Appearance: Color can range from gold to dark brown. Reddish/ruby color is usually due to the use of red grape varieties. White to reddish head with generally a medium low retention. Clarity is generally good but can be affected by the use of grape.

Flavor: Many interpretations are possible. As with aroma, grape character (must or winey like) must be present but may range from subtle to medium intensity. Varieties of grape can contribute differently on the flavor profile: in general stone/tropical fruit flavors (peach, apricot, pineapple) can come from white grapes and red fruit flavors (e.g., cherry, strawberry) from red grape varieties. Further fruity character of fermentative origin is also common. Different kinds of special malts can be used but should be supportive and balanced, not so prominent as to overshadow the base beer. Roasted and/or strong chocolate character is inappropriate. Some sour notes are common and may help to improve the drinkability but should not be prominent as in Flemish ale/Lambic. Oak flavors, along with some barnyard, earthy, goaty notes, coming from aging in barrels can be present but should not be predominant. Bitterness and hop flavors are generally low. Diacetyl from very low to none.

Mouthfeel: Medium-high carbonation improves the perception of aroma. Body is generally from low to medium and some acidity can contribute to increased perception of dryness. Strong examples can show some warming but without being hot or solventy.

History: Produced by many Italian craft breweries during the last years, it represents a communion between beer and wine promoted to the large local availability of different varieties of grapes across the country. They can be an expression of territory, biodiversity and creativity of the brewer. Normally seen as speciality beer in the range of products of the brewery.

Ingredients: Pils or pale base malt with some adjuncts (if any) or special malts. Grape content can represent up 40% of whole grist. Grape or grape must (sometimes extensively boiled before use) can be used at different stages: boil, primary/secondary fermentation, or aging. Ale or wine yeast can show a neutral character (more common) or a fruity profile (English and Belgian strains). A wide range of hop varieties can be used in low quantities in order not to excessively characterize the beer.

Vital Statistics: OG: 1.043 – 1.090

IBUs: 10 – 30 FG: 1.007 – 1.015

SRM: 5 – 30 ABV: 4.8 – 10%

Commercial Examples: Montegioco Tibir, Montegioco Open Mind, Birranova Moscata, LoverBeer BeerBera, Loverbeer D’uvaBeer, Birra del Borgo Equilibrista, Barley BB10, Barley BBevò, Cudera, Pasturana Filare!, Gedeone PerBacco! Toccalmatto Jadis, Rocca dei Conti Tarì Giacchè.

E’ quindi uno stile birraio ormai riconosciuto a livello mondiale come unico stile italiano.

Mettendo assieme ingredienti quali l’uva (l’Italia da dati O.I.V. è il maggior produttore al mondo di vino), la birra (da alcuni decenni la birra artigianale in Italia è il forte ascesa) e il buon sano vecchio estro Italico è nato questo prodotto fino a pochi anni fa inesistente. La nascita delle IGA è stata favorita anche dalla mancanza di una forte tradizione birraria che in alcuni paesi diventa quasi un freno all’innovazione (vedasi la legge della purezza in Germania).

Condizione tecnica per questo stile è l’utilizzo fino al 40% calcolato come apporto sull’estratto di uva o un suo derivato.

I metodi più utilizzati sono:

  • Uva fresca o appassita normalmente infusa in mosto cado o freddo
  • Mosto fresco: l’uva appena pigiata in presenza o assenza di bucce normalmente aggiunto a mosto di birra e fatti fermentare assieme. Il problema dell’uva e del mosto fresco è che si è limitati nell’utilizzo al solo periodo vendemmiale a meno di conservarlo congelato con un enorme dispendio di energia.
  • Mosto concentrato: mosto di uva rosso o bianco al quale viene sottratta acqua per distillazione sottovuoto spinto a freddo o con osmosi inversa. Diventa un prodotto stabile per l’elevata concentrazione zuccherina e quindi reperibile sempre.
  • Mosto concentrato rettificato: mosto concentrato filtrato con carboni vegetali quindi spogliato di tutte le caratteristiche organolettiche. Rimane quindi lo zucchero d’uva liquido. In Italia è l’unica aggiunta lecita in vinificazione per aumentare il grado zuccherino. Può essere usato anche per una IGA ma non apporta altro che zucchero.
  • Mosto mutizzato: mosto d’uva reso stabile con l’aggiunta di anidride solforosa o alcol. Nel primo caso occorre prestare la massima attenzione nel suo utilizzo in quanto l’SO2 è un allergene con un limite legale di 10 mg/l superato il quale è obbligatoria la dicitura “contiene solfiti” in etichetta. Anche il mosto mutizzato con alcol pur essendo tecnologicamente interessante può dare problematiche a livello di agenzia delle dogane e questione spinosa dell’aggiunta di alcol in un prodotto ad accise.
  • Mosto microfiltrato: ci sono alcuni mosti aromatici destinati a diventare vini dolci (moscato, malvasia, brachetto) che vengono microfiltrati e refrigerati subito dopo la pigiatura e pressatura senza che parta la fermentazione. Il mosto viene così conservato anche per lunghi periodi e fatto poi parzialmente fermentare a seconda delle necessità. Questo mosto è quindi facilmente reperibile quasi tutto l’anno, è stabile, non comporta problematiche tecniche e quindi molto utilizzato anche dai produttori di IGA.
  • Mosto cotto o Sapa: mosto concentrato a fuoco utilizzato in alcuni vini liquorosi (in certi Marsala) e nella produzione dell’aceto balsamico. Questo mosto è stabile visto l’elevato grado zuccherino e apporta sapori caratteristici di zucchero caramellato.
  • Vinaccia fermentata: dopo la svinatura alle bucce d’uva esauste può essere aggiunto mosto di birra. La fermentazione può essere spontanea innescata dai lieviti delle bucce.

Il matrimonio tra i prodotti del malto e dell’uva può avvenire:

  • In sala cottura: l’uva o il mosto d’uva in una delle forme precedentemente descritte sono aggiunti in bollitura o whirlpool. In questo modo si avrà una sterilizzazione dell’ingrediente aggiunto ma anche una sua modificazione; le caratteristiche cedute a caldo sono diverse da quelle a freddo.
  • Prima della fermentazione: i 2 mosti vengono uniti nel fermentatore dopo che il mosto di birra è stato refrigerato. I lieviti aggiunti o apportati spontaneamente dall’uva fermentano il tutto. E’ un metodo molto utilizzato
  • Durante la maturazione o invecchiamento anche in legno
  • Sui prodotti finiti: diventa un vero e proprio taglio tra birra e vino. Questo metodo per alcune interpretazioni della legge non è permesso.

Il prodotto IGA è spesso controverso dal punto di vista legale e burocratico. Tanto gli italiano sono famosi per essere artisti, estrosi e fantasiosi tanto capaci a complicarsi la vita con legislazione e burocrazia contorta.

Teoricamente in base alla legge 1354/62 se l’aggiunta di mosto d’uva è inferiore al 40% come apporto di estratto sul totale si può chiamare birra. La stessa normativa però limita la denominazione commerciale birra: “1. La denominazione «birra» è riservata al prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di saccharomyces carlsbergensis o di saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con malto anche torrefatto di orzo o frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo suoi derivati o con entrambi.”; spesso nelle IGA, specialmente quelle maturate in legno, subentrano (aggiunti o sviluppati spontaneamente) altri lieviti come i Brettanomyces. A questo punto il prodotto non si potrebbe più chiamare birra ma “bevanda fermentata a base di orzo”.

Non esiste quindi una sola interpretazione della legge purtroppo nemmeno da parte degli organismi di controllo.

Il primo ad aver prodotto e commercializzato una IGA è il birrificio sardo Barley nel 2006 (la BB10), al mastro birraio Nicola Perra viene giustamente attribuita la paternità di questo stile.

BB10 del birrificio Barley

Cito alcuni birrifici che per fama si sono contraddistinti con le loro IGA: Montegioco (birrificio famoso per le sue birre con aggiunta di frutta, produce 2 IGA con mosti di Timorasso e Croatina), Loverbeer (famosa la sua Beerbera con mosto di barbera), Sagrin (recente birrificio nel cuore delle langhe fortemente improntato sulle iga, notevole la Roè con mosto di arneis). Queste sono ovviamente solo alcune citazioni che nulla vogliono togliere agli innumerevoli produttori di buone IGA.

Le Birre - Birrificio Montegioco    HOME | loverbeer

Si può comunque dire che l’incontro tra mosto di birra e uva è antico quanto l’invenzione della birra stessa. Come scoperto dalle analisi fatte su residui di alcune giare trovate in acquartieramenti longobardi del nord Italia, al mosto di birra veniva unita dell’uva che, grazie alla naturale dolcezza attrae una flora di lieviti selvatici che venivano così inoculati nel mosto per farlo fermentare.

Come autori di questo articolo citiamo la nostra esperienza personale nello studio e sviluppo delle IGA di Soralamà.

La Divine è nata in collaborazione con il prestigioso birrificio belga “Brasserie de Minne” (ex Brasserie de Bastogne). Questo rinomato birrificio ha acquistato il nuovo impianto produttivo da Simatec (azienda sorella di Soralamà costruttrice di impianti per birrificazione). Unendo la necessità di testare il nuovo impianto con la sana follia dei 2 birrai e l’idea di creare con una birra un legame Italia-Belgio è nato questo prodotto. La base birra, acidificata in ammostamento e decisamente luppolata, prima della fermentazione viene aggiunta di mosto concentrato a freddo di uve rosse. La fermentazione è stata condotta con lievito ale per birre in stile americano, andando così a limitare gli esteri prodotti da possibili contaminazioni di lieviti selvatici.
Attualmente si presenta nella gamma di entrambi i birrifici.

Un’altra interessante sperimentazione attualmente in corso è nata con la collaborazione della rinomata azienda vitivinicola “Cantine Ascheri” .  2 enologi: il sottoscritto passato alla Birra e Giuliano Bedino enologo di Ascheri.

Si è partiti dall’idea di dare risalto alla parte mosto d’uva spesso messa in secondo piano nelle IGA e alla tecnica di “birrivinificazione”. Da uno stesso mosto appena pigiato di uva Nebbiolo da Barolo si sono ottenute 2 IGA: una chiara e una rossa. Sono ancora in corso prove di rifermentazione, affinamento, blendaggio.

Lorenzo Turco (Head Brewer Soralamà)

Marco Boaro (Brewer Soralamà)

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